Molti sapranno che Junoz Díaz ha vinto il Premio Pulitzer 2008 per la narrativa. Pochi, tuttavia, saranno a conoscenza del fatto che il 28 giugno scorso l’autore del bellissimo romanzo La breve favolosa vita di Oscar Wao (edito in Italia da Mondadori) ha firmato un articolo per il Wall Street Journal interamente dedicato a Grand Theft Auto IV. Nel suo apologetico intervento, il quarantenne newyorkese ha dichiarato che il best-seller di Rockstar Games non può competere con “The Sopranos”, l’epica serie televisiva di David Chase e tanto meno con alcuni leggendari gangster movie. Scrive Díaz:
“Pur trattandosi di un titolo eccezionale, Grand Theft Auto IV non presenta la medesima malvagità bipolare dei “Sopranos” ed é sicuramente privo del pathos epico e malsano che caratterizza film come “Il Padrino” e il suo sanguinolento fratello, “Scarface”. La vera arte cancella le apparenze e ci permette di scorgere il mondo nella sua cristallina limpidezza. La vera arte ci sconvolge per poi ricomporci, spesso contro la nostra stessa volontà. Così facendo ci rammenta in modo viscerale i nostri limiti, le nostre vulnerabilità, rendendoci, a tutti gli effetti, più umani. Mi chiedo se GTV IV possa fare altrettanto... Per quanto mi riguarda direi proprio di no”.
Il commento di Díaz trova una conferma (e, insieme, una smentita) nelle parole di Peter Travers, il critico cinematografico di Rolling Stone, che sul numero di giugno ha definito GTA IV “il miglior popcorn movie dell’estate”. Secondo Travers, ci troviamo di fronte a uno di quei rari videogame che “che si colloca nei territori di Scorsese e Tarantino”, “l’equivalente videoludico di un film noir [...] che svolge la funzione di critica sociale”.
A scanso di equivoci, vorrei precisare che provo grande rispetto e stima per entrambi gli autori. Allo stesso tempo, non posso nascondere le mie perplessità per questo tipo di esegesi. Ancora una volta, il ricorrente paragone cine-ludico – assai popolare tra i critici mainstream – rischia di mettere in secondo piano la natura peculiare del medium interattivo. La peculiarità, come sappiamo benissimo chi frequenta gli spazi virtuali, riguarda il ruolo fondamentale dell’utente, qui “promosso” al ruolo di co-autore del testo. Le implicazioni sono al tempo stesso ovvie e radicali: anziché proporre un confronto tra Francis Ford Coppola e Dan Houser, sarebbe utile ricordare che la forza di Grand Theft Auto IV e, più in generale, dei videogiochi, risiede nel potenziale narrativo attivato in tempo reale dall’utente.
Questo vale, in particolare, per i sandbox games come GTA e Crackdown, per gli MMO, per i construction games alla Trackmania... Parliamoci chiaro: ciò che rende la serie di GTA così interessante sono le modalità di consumo degli utenti, non certo il melange di stereotipi e cliché sviluppati dai game designer. L’ormai classico travelogue di Jim Monroe, “My Trip to Liberty City” ha portato in primo piano un aspetto del gioco che la maggior parte dei critici hanno ignorato o trascurato – le implicazioni squisitamente urbanistiche e sociologiche. Analogamente, quello che rende World of Warcraft così irresistibile sono le performance sbarazzine degli utenti (uno su tutti, Leroy Jenkins) rispetto che alle dinamiche propriamente ludiche definite a monte dagli ‘autori’. E lo stesso vale per il griefing di Eve Online o per gli incredibili tracciati creati dagli utenti di Trackmania United Forever...
Per questo motivo, un confronto tra Niko Bellic, il protagonista di Grand Theft Auto IV, e l’Al Pacino di “Scarface” é del tutto privo di senso. Un avatar é una maschera, una protesi, un veicolo, una strada da percorrere. Un attore cinematografico é un ruolo definito, una storia già scritta e dunque sempre uguale. Il videogame, a differenza del cinema, trasforma gli utenti in designer narrativi. Se un film racconta una storia, il videogame offre spazi di possibilità. Se lo specifico del cinema é il montaggio, si potrebbe affermare che quello del videogame é l’editor. Si pensi, per esempio, allo Spore Creature Creator, il programma distribuito da Electronic Arts a giugno che precede il lancio del videogame più atteso del decennio. Grazie a una semplice interfaccia punta e clicca, gli utenti possono creare i personaggi che andranno a popolare l’universo concepito da Wright.
É evidente che ogni singolo utilizzatore del programma diventa, a tutti gli effetti, un autore, un demiurgo, uno sceneggiatore di mille storie possibili. Stando ai dati forniti da Electronic Arts, a una settimana dal lancio dello Spore Creature Creator, legioni di fans hanno prodotto oltre un milione di personaggi, caricandole in quel gigantesco archivio in espansione che é la Sporepedia e condividendole su YouTube a conferma del potenziale di convergenza mediale del videogame. Spore infatti avrà un proprio canale YouTube dove tutti i video delle creazioni degli utenti importati dal gioco saranno presentati alla comunità online, pronti per essere visti, condivisi, valutati e commentati. In questo senso, YouTube sta diventando il cinema, o meglio, la televisione dei videogame.
Questo straordinario successo – che non presenta alcun equivalente in ambito cinematografico – ci rammenta ancora una volta la natura fortemente creativa (e post-narrativa) del nostro hobby preferito. Finché ci ostiniamo a usare metafore cinematografiche per spiegare il divertimento elettronico perdiamo di vista l’essenza di questo medium. La ‘vera arte’ del videogioco sta tutta qui.
Non sottovalutiamola.
Matteo Bittanti
Commenti
Emilio Bellu scrive:
La situazione è complessa, anche perché Sam Houser è il primo a invocare il cinema quando parla dello sviluppo di GTA. Houser dice che non riesce più a guardare i film hollywoodiani perché non danno la stessa adrenalina che dà uno dei suoi giochi: dice che una volta che sei tu il protagonista dell'azione, guardare dall'esterno rende tutto meno coinvolgente. Credo che questo sia fondamentalmente falso. Immedesimarsi in un film è molto più facile che immedesimarsi in un GTAIV: in un film stiamo seguendo un personaggio di cui conosciamo motivazioni, ambizioni, e che accompagnamo nell'inseguimento del suo obbiettivo.
Se il film è decente, noi usciamo mai dal suo mondo e siamo tutt'uno con il protagonista, nonostante non ci sia nessuna interazione attiva. In GTAIV il giocatore è completamente libero di seguire le proprie motivazioni e di fare tutto a modo suo, ma quando deve completare una missione, gli script che deve completare costringono il giocatore a seguire delle strade ben precise, e l'immedesimazione crolla perché le regole del mondo non sono più le stesse. Rockstar aveva trovato un buon modo per dare "senso" a questo aspetto: i protagonisti dei vecchi GTA erano completamente fuori di testa, le cut scene erano demenziali, i personaggi si comportavano in maniera completamente irrazionale, erano avatar schizofrenici. E proprio per questo erano coerenti con il mondo del gioco: non ti potevi aspettare un atteggiamento sensato da quei pazzi.
L'altra faccia della medaglia era rappresentata dai plot molto leggeri, praticamente inconsistenti... ma non è mai stato un vero problema. Nico Bellic è molto più "umano" dei suoi predecessori, e la sua storia non è presa di peso da un film famoso come Scarface o Boyz in the Hood, è un racconto piuttosto originale, ambientato in un mondo riprodotto con mostruosa precisione. E paradossalmente questo è motivo per cui IV è il capitolo della serie che peggio funziona nel far convivere scelta e storia: che credibilità ha un discorso di Nico sul rimorso del criminale se un attimo dopo può compiere una strage degli innocenti, creare un inferno in città facendo cadere granate dal finestrino? L'ambizione che rende il gioco fenomentale è anche il suo difetto peggiore, la bellezza di alcune cut scenes e la perfetta caratterizzazione dei personaggi del gioco è anche il motivo per cui sembrano spesso fuori luogo in una città che sembra regolata da un comitato di psicopatici.
La critica sembra sempre prendere i videogiochi e valutarli in compartimenti separati, ma preso in generale GTAIV è un gioco fantastico e un esperimento narrativo completamente contraddittorio: nel pensare a GTAIV come ad un'opera completa non si può fare a meno di valutare seriamente l'equilibrio tra lo script del gioco e quello che potenzialmente può compiere il giocatore, e questo è inesistente. Sarà interessante vedere come verrà gestito questo aspetto nei prossimi capitoli: la cosa buona è che Rockstar dimostra di voler sempre fare più di quanto sembra possibile, di andare ogni aspettativa, di riempire ogni gioco con tutto e il contrario di tutto... e questo è l'unico approccio sensato per un medium così giovane.
Ultimi commenti