Quando parliamo
di videogame, spesso tendiamo a dimenticare che essi fanno parte di un complesso
eco-sistema mediale in continua trasformazione. Detto altrimenti: nessun medium
è un’isola. Lungi dall’essere un’attività esoterica consumata da pochi
iniziati, il videogame svolge sempre più spesso il ruolo di catalizzatore per
l’industria del divertimento tout court.
Da qualche anno a questa parte, il videogioco sta letteralmente sussumendo ogni
altro comparto dell’entertainment,
dal cinema alla musica, dalla letteratura al fumetto. A guidare questa poderosa
convergenza transmediale sono corporation del calibro di Electronic Arts,
Activision e Ubisoft, ma anche milioni di teenagers, ricercatori universitari
ed hackers sparsi per il mondo. Partiamo dall’alto. Come sanno benissimo i
lettori di questo blog, il videogame sta vivendo una profonda trasformazione
causata, tra le altre cose, da fenomeni quali un’inaspettata ma travolgente espansione
demografica, l’innovazione tecnologica e una sempre più stretta integrazione
con altri comparti dell’entertainment.
Non deve dunque stupire che Ubisoft ambisca a diventare una factory multimediale in grado di produrre
videogame di eccellente fattura, ma anche film di animazione, effetti speciali
in computer grafica e produzioni televisive. Ubisoft sta inoltre progettando
l’ingresso nel settore dell’intrattenimento 3D – uno degli ambiti di
innovazione più interessanti dell’elettronica
di consumo. Anche in questo caso, parliamo di convergenza: è noto che le più importanti catene di cinema
americane stanno rapidamente convertendo i loro schermi al 3D e che Ubisoft sta
lavorando con James Cameron per realizzare la versione videoludica del kolossal
sci-fi ‘Avatar’.
L’acquisto dei diritti esclusivi dell’IP di Tom Clancy lo
scorso marzo riveste un’importanza cruciale per un’azienda che, tra pochi anni,
potrebbe competere ad armi pari con gli studios hollywoodiani. Nel momento in
cui il digitale si impone come lingua franca della comunicazione, il videogame
– che incorpora ogni codice e ogni estetica possibile – diventa il vero traino dell’innovazione.
Electronic Arts, da parte sua, sta applicando alla lettera il modus operandi dei Wachowski Bros, che
con The Matrix, hanno tentato di
ridefinire la nozione stessa di mega-produzione multimediale. In questo senso, Dead Space non è semplicemente un
videogame, ma anche un film di animazione, una serie a fumetti e, perché no, un
adattamento cinematografico per il grande schermo in attesa di regista.
Non è solo
una questione di marketing: Electronic Arts ha capito meglio di altri che la
costruzione di mondi finzionali ad ampio respiro richiede l’utilizzo intelligente
di tutti i media disponibili. Ma i migliori esempi di integrazione multimediale
sono fenomeni come Rock Band, Guitar Hero e SingStar: com’è noto, il successo di questi prodotti trascende la
dimensione puramente videoludica. Si potrebbe persino affermare che Rock Band e Guitar Hero, insieme ad iTunes, hanno salvato la moribonda industria
discografica, rilanciando interi generi i e perfino gruppi dati ormai per ‘finiti’
(uno su tutti: Metallica) – il fatto che una band leggendaria come i Sex
Pistols si sia temporaneamente riunita per registrare un la versione di “Anarchy
in the UK” inclusa in Guitar Hero ha
dell’incredibile. Analogamente, il fatto che le richieste del brano “Saints of
Los Angeles” dei Motley Crew su Rock Band
siano state cinque volte superiori rispetto ad iTunes e Amazon la dice davvero
lunga sull’entità delle trasformazioni dell’ecosistema mediale.
Xbox Live, da
parte sua, sta rivoluzionando il digital
delivery di contenuti audivisivi – la sua importanza, per il cinema e le
serie televisive in alta definizione, è seconda solo a quella di iTunes, per lo
meno negli Stati Uniti. Ma l’innovazione non passa solo attraverso le
corporation: centinaia di inventori, hackers, ricercatori e giocatori stanno
letteralmente ridefinendo il modo in cui produciamo, consumiamo e condividiamo videogiochi.
La presentazione video di Johnny Lee, ricercatore accademico del dipartimento
di Human-Computer Interaction della Carnegie Mellon University che ha
modificato un Wiimote per creare stupefacenti risultati, è stata visionata da
milioni di individui sparsi per il mondo. Usando una tecnologia a basso, anzi
bassissimo costo, Lee ha trasformato il Wii remote in una lavagna digitale, in
uno schermo touch-screen e un visualizzatore di immagini tridimensionali.
E
grazie ai contenuti generati dagli utenti (dai livelli hack di New Super Mario Bros ai nuove puzzle di echochrome, in attesa di Little Big Planet e Spore), la nozione stessa di longevità di un videogame va
completamente ripensata. Analogamente, il baricentro della creatività si sposta
verso il basso... Altri utenti stanno modificando a piacimento l’iPhone per
creare innovative applicazioni ludiche – tra le tante, si pensi alla versione multiplayer
di Pong (ribattezzata giustamente iPong) creata in un’ora (!) da una piccola
software house nipponica, Ubiquitous Entertainment (il video è ovviamente
visibile sul canale televisivo planetario YouTube).
La rapidità con cui le idee
circolano liberamente nell’era della connettività pervasiva e della condivisione
istantanea lascia senza fiato e lascia ben sperare per il futuro. Il presente e
il futuro dei videogiochi sono ormai sovrapposti.
Ultimi commenti