Giocare di corsa. Logica ed estetica dello speedrun
Prima o poi doveva succedere. Uno speedrun di Oblivion sotto i dodici minuti.
Ecco il commento dell'autore, Xevro, pubblicato su WeGame.com...
"My new Speedrun. There's new stuffs in this one. I didn't put any
sound because I recorded this run with the demo of GameCam and the demo
don't take the sound. Though, I have no taste for the music too.
There's no cheat and this video, just a lot of glitches and I set the
difficulty at the normal, not like my old run. I cutted the end
cinematic and around 20 seconds of the fight with the dragon because
the max lenght of videos for youtube is 10 minutes. The time with the
cinematic is 11:19. I'll don't improve this speedrun again. I think my
next challenge will be to do the entirely main quest without the temple
early glitch in less than 1 hour."
Per chi non lo sapesse, Lo speedrun è un
artefatto culturale particolarmente affascinante, che miscela cinema e
videogame, arte e performance sportiva.
Approfitto dunque di questa notizia per pubblicare di seguito un estratto del mio saggio "Giocare di corsa. Logica ed estetica dello Speedrun" incluso nel volume Intermedialità, Videogiochi, televisione, cinema e fumetti (2008) edito dalle Edizioni Unicopli. Per ulteriori informazioni, cliccate qui.
Buona lettura.
Giocare di corsa. Logica ed estetica dello speedrun
di Matteo Bittanti
"Perché è scomparso il piacere della
lentezza? Dove
mai sono finiti i perdigiorno di un
tempo? Dove sono
quegli eroi sfaccendati delle
canzoni popolari,
quei vagabondi che vanno a zonzo da
un mulino
all’altro e dormono sotto le
stelle?
(Milan Kundera)
Velocità: (sf) rapporto tra lo
spazio percorso da un
mobile e il tempo impiegato a
percorrerlo
(Dizionario Garzanti)
Questo saggio è stato ispirato da
una duplice frustrazione. La prima deriva dalla tendenza della
critica – accademica e giornalistica – di privilegiare perentoriamente
l’analisi dei testi rispetto alle pratiche. Un simile
approccio svaluta inevitabilmente la natura cooperativa e co-creativa
del videogame, un medium che ridefinisce il ruolo dell’utente,
trasformandolo da mero ricettore di contenuti predefiniti a
generatore di senso. In altre parole, una simile posizione nega ogni rilevanza alle prassi individuali di gameplay1. Altrettanto frustrante è la diffusa smania
comparativa che porta a sopravvalutare le
affinità superficiali2
che sussistono tra il videogame e altre
espressioni testuali, cinema in primis. L’euforia per il confronto
oltranzista e per l’analogia “a tutti i costi” ha penalizzato a
lungo il ludus digitale. L’incapacità di cogliere il portato innovativo
del videogame spiega, almeno in parte, le ragioni per cui
questo oggetto misterioso sia stato spesso considerato un’espressione
inferiore, immatura ed imperfetta dai media che lo hanno preceduto.
Nel corso degli anni, il videogioco è stato
“interpretato” come una versione degenerata del cinema (cfr. l’ossimoro “film
interattivo”), della letteratura, del teatro e così via.
Nel
tentativo di ovviare a questa persistente miopia critica, proponiamo in
queste pagine un’analisi di
un’originale pratica di consumo
creativo ideata dagli utenti. Esamineremo cioè una dinamica di fruizione che
a nostro avviso attesta l’irriducibilità del
videogame rispetto ad altri media. L’oggetto di questa discussione è
lo speedrun. Speedrun è un neologismo formato
dall’unione di due termini: speed, velocità e run, corsa.
“Running”, in questo contesto, si riferisce alla “corsa” del
videogiocatore – o, meglio, della sua protesi virtuale – negli scenari
di un determinato videogioco. È importante sottolineare che
“speedrun” indica tanto la pratica di gameplay quanto la sua registrazione
filmata. Questa prassi – originatasi presso alcune
comunità di utenti attorno alla metà degli anni novanta – ha almeno tre
differenti finalità: intrattenimento, didattica e documentazione. In un
certo senso, lo speedrun rappresenta il grado zero del
machinima3: è una registrazione audiovisiva di una sessione
ludica, il filmato della performance dell’utente in uno spazio
digitale. Usato per scopi ricreativi, lo speedrun presuppone uno
spettatore in grado di cogliere le sottigliezze del gameplay che
si realizzano in uno specifico testo. Mancando tale competenza, il
consumo di uno speedrun può risultare noioso,
incomprensibile, criptico. Detto altrimenti, lo speedrun si rivolge a un
pubblico di specialisti, capace di comprendere ed apprezzare il
virtuosismo del performer.
In secondo luogo, lo speedrun, al
pari dei filmati di replay, è uno strumento utile per tutti quei
giocatori che desiderano migliorare le proprie tecniche: studiando lo
stile di un campione attraverso i filmati delle sue
performance, i gamers possono infatti apprendere strategie vincenti,
apprezzare i colpi di classe e altre sottigliezze che nella
frenesia del gameplay in tempo reale passerebbero inosservate. In
questo senso, lo speedrun svolge la medesima funzione dei replay
televisivi delle gare sportive, laripetizione al rallentatore di un’azione
di gioco proiettata su uno schermo o in televisione (Lowood,
2008). In cosa consiste la differenza tra un replay e uno
speedrun? La differenza è tecnica e pratica. In primo luogo, mentre
il replay è un’opzione predisposta dal programma stesso, lo speedrun è una modalità di consumo ideata dagli utenti. Ergo:
alla logica top-down dei progettisti si contrappone la prassi bottom-up
degli utenti.
In terzo luogo, lo speedrun ha la
funzione di comprovare inequivocabilmente un record stabilito da un utente particolarmente talentuoso. In altre parole, il
filmato ratifica e attesta la prova di abilità del performer.
Quest’ultimo punto richiede alcune precisazioni. Lo speedrun ha
valore solo per quei videogame che non prevedono modalità di
gioco a tempo. Alcuni generi – come i racing game o gli
sparatutto – solitamente contemplano opzioni quali il “time attack” o
il “time mode” che premiano l’abilità del giocatore
in condizioni temporali pressanti. L’intuizione di alcuni
appassionati è stata di applicare queste modalità di fruizione a generi
completamente differenti. Lo speedrun è una pratica
eminentemente agonistica, paragonabile alla performance sportiva. Ma,
come vedremo, è anche una pratica artistica, come la
danza. La sua complessa natura
esemplifica – e al tempo stesso
esacerba – la tensione tra la componente formale del
videogame (le regole, game) e quella pragmatica (il giocare, play). Laddove
le prime presentano il carattere della rigidità e della
fissità, l’attività del play è libera, fluida e versatile, come ci
ricordano Katie Salen ed Eric Zimmerman (2004).
Lo speedrun attesta la
sorprendente creatività del giocatore rispetto
all’impossibilità di negoziare le regole del gioco. Gli speedrunner sfruttano a
proprio vantaggio alcuni elementi tecnici ed architettonici del
videogame per percorrere i suoi spazi nel minor tempo
possibile, senza “morire”. Com’è facilmente intuibile, alcuni titoli si
prestano meglio di altri a questi esercizi di corsa simulata:
l’esempio paradigmatico è lo sparatutto in soggettiva. Non a caso, lo
speedrun – al pari del machinima – nasce e si sviluppa all’interno
della comunità degli appassionati di FPS. Nelle
prossime pagine, dopo aver illustrato alcune caratteristiche chiave
dello speedrun, ripercorreremo
brevemente la storia di questa
prassi di consumo e ne porteremo in primo
piano alcune implicazioni."
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