“Mio figlio e’ un grande appassionato di videogiochi” (Mr. Hertz, da Shoot’em Up)
Uno. In gergo videoludico, Shoot’em Up indica “sparatutto”, un genere di videogiochi caratterizzathi da un’azione frenetica e rocambolesca, intensa spettacolarità e dosi letali di ultraviolenza digitale.
Due. Nel mio saggio "Dal gunplay al gunporn. Breve storia tecno–visuale dello sparatutto in soggettiva" descrivo la nozione di gunporn in questi termini:
L’eccesso iperbolico di violenza e il feticismo degli strumenti di distruzione all’interno del gioco hanno spinto i creatori a coniare l’espressione “Gunporn”. Il dizionario online di slang UrbanDictionary definisce “gunporn” in questi termini:
Termine usato per descrivere una forma di intrattenimento di natura irrealisticamente cruenta, gratuitamente violenta (...) Insinua, ironicamente, che i fucili si servirebbero del gioco per dare sfogo alle loro fantasie “pornografiche” (UrbanDictionary.com).
Una simile descrizione calza a pennello per il nuovo film di Michael Davis. Cinico e nichilistico come Sin City, Shoot’em Up si rivolge a uno spettatore disposto a stare al gioco: la violenza, da cartone animato, e' cosi' grottesca da risultare sgradevole ai palati piu' fini. Non a caso, gli attori – il trittico Bellucci-Giamatti-Owen – sono piatti e bidimensionali come gli avatar di un videogame e le battute sembrano tratte dalle cut scene di Max Payne. Non hanno nome, ma un nick: Mr. Smith, Mr. Herzt, Donna “DQ” Quintano. Sono stereotipi su due gambe: l'assassino spietato, la madonna-puttana, il cavaliere dal cuore d'oro.
Shoot’em Up richiederebbe una recensione numerica, anzi un punteggio finale, meglio ancora delle statistiche: 100 morti, 15 galloni di sangue finto e 18 differenti armi. E’ un’intelligente operazione di decostruzionismo del genere action, evocato, emulato e insieme epurato di ogni possible sottigliezza: qui persino i double entendre sono unilaterali ("Talking about shooting my load!"). Si tratta di un vero e proprio esercizio di Gunporn, che produce piacere cinematico grazie alla messa in scena di una violenza pirotecnica, subordinando ogni altro elemento all'eccesso balistico. Gli attori diventano ballerini impegnati in una danza della pallottola sponsorizzata dalla NRA.
In aggiunta al videogame, Shoot’em Up evoca e rimedia esplicitamente il cartone animato: Mr. Smith e' il coniglio dalle mille risorse (e dalle mille carote) che riesce sempre a sbeffeggiare la nemesi di sempre, il cacciatore. La pellicola di Davis mette in scena le tre fasi della vita - coito, nascita, morte - con lo stile esuberante di MTV, ma allo stesso tempo e' perfettamente consapevole dei giochi metareferenziali che inscena, condannando la violenza (intesa come problema sociale e politico) attraverso la titillazione della violenza rappresentata (lo spettacolo cinematico).
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Stile di citazione
Per citare questo articolo: Matteo Bittanti (2008), "Alcune osservazioni sul gunporn: Shoot’em up", Schermi interattivi, 7 aprile, disponibile online: http://mbf.blogs.com/schermiinterattivi/2008/04/alcune-osservaz.html
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